Anno nuovo, dramma vecchio

 

Intervenire subito nelle carceri italiane.

 

Anno nuovo, dramma vecchio. Dopo i 66 suicidi di detenuti registrati nel 2011 il nuovo anno si è aperto con due nuovi casi. La situazione delle carceri resta invivibile e neanche il “Piano  carceri” presentato dal neo ministro Severino sarà in grado di dare sollievo ad una situazione oramai diventata ingestibile con provvedimenti ordinari che non incideranno significativamente su un sovraffollamento da tutti ritenuto la principale causa del disagio dei detenuti di cui il suicido rappresenta l’espressione più inquietante e vero “evento sentinella” su cui riflettere (senza dimenticare gli 8 Agenti di Polizia Penitenziaria suicidatisi nel 2011, circa 100 negli ultimi dieci anni!).

Le cifre prodotte dal Ministero di Giustizia sono eloquenti: 66.897 detenuti, di cui 24174 stranieri, per 45.770 posti regolamentari; 27251 imputati e 38023 condannati definitivi. Tutti costretti a vivere la detenzione senza prospettive, senza alternative alla permanenza in celle sovraffollate giorno e notte (salvo le ore d’aria), con scarsissime attività riabilitative: solo 521 per es. hanno usufruito di lavoro all’esterno, mentre la stragrande maggioranza dei lavoratori è impiegata all’interno degli Istituti.

Solo interventi che rimettano il detenuto nel circuito dello scambio sociale hanno una reale valenza rieducativa e non si traducono in mero “intrattenimento”, fenomeno questo ben noto a chi ha attraversato le istituzioni psichiatriche ma che si riproduce in tutte le istituzioni totali; a questo riguardo ci ha molto colpito l’ultimo suicida del 2011: un giovane rumeno, in attesa di giudizio, per il quale giocare a rugby nella squadra dell'Istituto penitenziario poteva rappresentare certamente una attività ricreativa per contrastare la noia del vuoto delle giornate in carcere ma non una fonte di speranza per il futuro sufficiente a preservarlo da un gesto estremo.

Occorre quindi affrontare il problema con strumenti diversi da quelli usati o riattivare quelli già previsti dalla normativa ma, prima di tutto, occorre interrompere la deriva securitaria ( gli OPG contro i quali ci stiamo spendendo senza sosta sono l'altra faccia della medaglia) che ha grandemente contribuito a creare la situazione attuale: il carcere deve ritornare ad essere la risposta ultima ai fenomeni di devianza.

Senza affrontare questo nodo tutte le misure risulteranno dei palliativi: l’estensione a 18 mesi della soglia di pena detentiva, anche residua, per l’accesso alla detenzione presso il domicilio avrà ben poco peso nel migliorare il sovraffollamento. Lo testimoniano i dati del 2011 in cui hanno usufruito dei benefici della L.199/2010 4304 detenuti (ma meno di un terzo stranieri) ma nel frattempo i detenuti sono saliti a quasi 67000.

Occorre quindi ricorrere maggiormente all’utilizzo delle pene alternative (rimuovendo prioritariamente quelle norme, ex Cirielli, che ne impediscono l’applicazione) come l’affidamento in prova ai servizi sociali, l’affidamento dei tossicodipendenti a comunità di recupero, la semi-libertà, il ricorso alla detenzione domiciliare.Oltretutto questi istituti, la cui applicazione è scoraggiata dalla politica generale, hanno negli anni dimostrato di conseguire risultati estremamente positivi nella prevenzione della recidiva.

Psichiatria Democratica auspica - attraverso Cesare Bondioli ed Emilio Lupo, rispettivamente resp. Nazionale Carceri e OPG e Segretario Nazionale dell'Associazione - che anziché ricorrere a  provvedimenti tampone, che tali poi nemmeno sono, si avvii un ripensamento complessivo delle politiche carcerarie e invece di costruire nuovi carceri, si riducano le presenze negli attuali dando corso alle misure alternative alla detenzione in carcere già previste dall’ordinamento e utilizzando i fondi della Cassa Ammende per i loro fini istituzionali di finanziamento di attività trattamentali e rieducative e non solo per finanziare nuova (e sempre insufficiente) edilizia carceraria.

 

 

Napoli/Arezzo 11  Gennaio 2012