Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-07554 presentata da DELIA MURER giovedì 26 luglio 2012, seduta n.673

NO ALL'ELETTROSHOCK

Psichiatria Democratica appoggia e fa sua questa iniziativa perchè è impegnata da sempre, senza se e senza ma, contro queste pratiche di "spegnimento" degli utenti, contro una psichiatria di tipo manicomiale, che propugna l' ineluttabilità della malattia mentale, quella stessa psichiatria che è stata irrimediabilmente sconfitta dalle pratiche di Salute Mentale che si sono andate sviluppando, con successo e sempre più, sul territorio dopo l'approvazione della legge di riforma psichiatrica del 1978.

 

MURER, BOSSA e FARINA COSCIONI. - 

Al Ministro della salute.

 - Per sapere - premesso che: 

con circolare del 15 febbraio 1999 dell'allora Ministro della sanità, inviata agli assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome, si stabilivano le linee di indirizzo circa le pratiche della cosiddetta terapia elettroconculsivante (TEC) sottolineando come «nonostante la grande quantità di ricerche condotte negli ultimi decenni, non è stato ancora chiarito in maniera precisa il meccanismo d'azione della TEC. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto in passato, si ritiene oggi che la convulsione generalizzata sia insufficiente a spiegare l'efficacia terapeutica del metodo, e che siano fondamentali altri fattori, al di là della convulsione (Sackeim, 1994)»; 

il contesto in cui si è andata sviluppando ed affermando l'intera esperienza territoriale italiana nel campo della psichiatria pubblica e la cospicua legislazione nazionale e regionale, oltre che il sapere diffuso che è maturato in oltre trent'anni, in questo settore, non lasciano alcuno spazio a un ritorno al passato: questa pratica non può che essere in fortissima dissonanza con quanto fin qui realizzato. È doveroso continuare a contrastare la semplificazione delle risposte - che di norma producevano, prima della legge n. 180 del 1978, la costrizione e la chiusura del paziente - più che farsi carico della complessità dei bisogni e dei diritti inalienabili di quanti esprimono disagio e sofferenza, così come avviene oggi in tante realtà; 


la TEC risente in tutte le sue modulazioni di vecchie pratiche di violenza e di abusi, trattandosi comunque di una pratica finalizzata allo «spegnimento» piuttosto che al potenziamento e alla valorizzazione delle risorse personali del paziente. La TEC non cambia nei fatti la sua natura, e resta, pertanto, un trattamento che faceva dire già nel 1995 al Comitato nazionale per la bioetica che «la psichiatria attualmente dispone di ben altri mezzi per alleviare la sofferenza mentale...»; un trattamento indissolubilmente legato alla pratica manicomiale molto di più di qualunque altro trattamento biologico; nel manicomio l'intervento era sempre sul corpo del paziente ridotto ad oggetto dell'internamento. La TEC interviene sul corpo (oggettivato, passivizzato, anestetizzato) negando qualunque spazio alla relazione col paziente, che è il vero fondamento del lavoro territoriale, mentre altri interventi, per esempio quelli farmacologici, la consentono. Questo aspetto sarebbe sufficiente, ad avviso degli interroganti, a suscitare una riserva etica sull'uso della cosiddetta terapia elettroconvulsivante, tanto più che, sia in passato che ancora oggi, alla luce delle più recenti revisioni della letteratura scientifica (vedi anche in Read e Bentall), resta assolutamente controindicata, in ragione della sua inesistente incidenza risolutiva rispetto a trattamenti terapeutici quali la riabilitazione, gli psicofarmaci e le psicoterapie, e che rimane del tutto avulsa da qualsivoglia contesto comunicativo essendo chiaramente antiterapeutica; 

i dati, consegnati dal Ministro della salute Renato Balduzzi alla Commissione di inchiesta sul sistema sanitario nazionale, indicano che nel 2008 i pazienti con indicazione di trattamento di elettroshock sono stati 521, 480 nel 2009 e 405 nel 2010, per un totale di 1406; 

sarebbe opportuno conoscere se, tenuto conto del numero esorbitante degli elettroshock praticati nel triennio, siano state rispettate le indicazioni contenute nella circolare 15 febbraio 1999 e precisamente quelle indicate al punto 5 circa il monitoraggio, la sorveglianza e la valutazione, e specificamente quelle relative all'attivazione di un sistema di sorveglianza per monitorare e valutare indicazioni, frequenze, procedure ed esiti delle applicazioni, come il ricorso alla peer review (revisione fra professionisti alla pari) o ad un'apposita commissione composta da professionisti esterni alla struttura ove si effettua il trattamento, tenendo altresì conto che «la TEC non costituisce un presidio terapeutico a se stante, ma deve necessariamente essere considerata all'interno di un programma terapeutico personalizzato integrato con altri interventi; 

occorre verificare se prima di effettuare la TEC sia stata sempre istituita ed attivata la commissione tra pari o, come recita la circolare del 1999, l'«apposita commissione composta da professionisti esterni alla struttura dove si effettua il trattamento», al fine di vagliare scrupolosamente se persistevano tutte le condizioni ovvero: 

a) la congruità della diagnosi, atteso che restano assai poco chiare le verifiche scientifiche circa l'efficacia del trattamento TEC relativamente ai pazienti affetti da episodio depressivo grave con sintomi psicotici e rallentamento psicomotorio (classificazione ICD 10), quando non possono attuarsi terapie farmacologiche, ovvero nei casi di vera ed accertata farmacoresistenza e nei casi nei quali è controindicato l'uso di psicofarmaci e di documentati precedenti e gravi effetti collaterali imputabili agli antidepressivi; 

b) la verifica di tutta la documentazione clinica del paziente e della sua storia, con riferimento specifico ai precedenti trattamenti, alla durata degli stessi come anche gli eventuali fallimenti, compresi i trattamenti TEC ed i loro esiti; 

c) i criteri di valutazione indicati dal comitato di consulenza e verifica circa la risposta terapeutica, come la valutazione clinica dei risultati dei trattamenti prima e dopo ogni trattamento TEC -: 

se in tutte le regioni siano state istituite ed attivate le commissioni di valutazione e verifica e se siano in atto, da parte del Ministero della salute, verifiche, per quanto di competenza, puntuali nelle strutture pubbliche e private dove viene praticata la TEC, al fine di stabilire se ci si è rigorosamente attenuti, prima dell'effettuazione di interventi di TEC, a quanto espressamente previsto dalla circolare 15 febbraio 1999; 

se non ritenga di assumere iniziative, anche normative, per eliminare del tutto e definitivamente l'uso della TEC - che continua a mantenere il funesto mito della inguaribilità della malattia mentale e che le pratiche territoriali hanno definitivamente ed inequivocabilmente affossato nel nostro Paese - in ragione del rispetto dovuto ai sofferenti psichici, alla loro soggettività mortificata da tali pratiche, alle inesistenti evidenze scientifiche del trattamento. (5-07554)