Proposte, propositi e riflessioni intorno all’OPG.

Nei giorni scorsi una delegazione di Psichiatria Democratica ( composta dai dr. S. Di Fede, G. Loffredo, E. Lupo e G. Ortano) è ritornata ancora una volta – ci  siamo augurati l’ultima - nell’OPG di Aversa per incontrare il personale e verificare, insieme, lo stato di attuazione del programma di dismissioni così come previsto per legge nel nostro Paese, nel mentre circola, insistentemente, la voce che ci sarà una nuova proroga del termine stabilito e così di tutto quanto era stato realizzato dalla Commissione Marino, non resterà che un ricordo sempre più sfocato.

E così apprendiamo che le persone ristrette lì sono oltre 150 ( e di questi ben 19 stranieri verso i quali dovremmo prestare molta attenzione circa la loro futura destinazione) tra campani in numero di 50, mentre la classifica è capeggiata dai laziali che sono ben 60 e 12 gli abruzzesi e poi via via altre puntiformi presenze. Tante difficoltà, insomma, tanti ritardi nei processi di presa in carico del’utenza da parte di Dipartimenti, ASL e Regioni ma anche nuovi invii, come una sorta di tela di Penelope che non consentirà di mettere il catenaccio a quei luoghi di sofferenza. A testimoniare che lo sforzo istituzionale per apporre il cartello “Closed” ai sei OPG attivi nel Paese non è ancora concluso lo prova, anche, quanto abbiamo recentemente letto in questi giorni al Saporito, dove troneggia un manifesto che da notizia di una prossima iniziativa, dove vari artisti sono impegnati ( e del cui spirito di solidarietà, non dubitiamo) in uno spettacolo per “ l’arte che libera  la speranza”. E ci siamo ancora una volta domandati: ma non li avevamo già chiusi con apposita legge questi inferni? Siamo ancora alla percezione che occorre solo sperare per farlo? O tutto è stato già vanificato da un sistema carcerario che coerentemente alla propria funzione sta recuperando logica e quanto ne consegue?

Non si può tacere la meraviglia che si prova visitando (ancora) un OPG … Li hanno rimessi a nuovo… Li hanno cioè ripuliti, ne hanno ricambiato l’aria, in qualche caso ridipinto le pareti (specie quelle delle Direzioni…).  E gli internati ricevono accorte posologie di farmaci ed attenzione da parte dei medici che, ci auguravamo, dovessero diventare, in questa ultima fase, soprattutto, “operatori ponte” in grado di congiungersi ad altri “operatori ponte” del territorio e, così, costruire la via di uscita dal circuito carcere/manicomio impersonificato dagli OPG. Così la tela continua ad essere tesa e le celle restano lì,  insieme alle chiavi ed ai cancelli che separano quegli uomini dalle proprie menti e dalla  salute e dalla speranza…. Le “stecche” continuano a essere l’eterna condanna di quel  tartaro mondo… e si sommano l’une alle altre, proroghe di anni per mancanza di responsabilità (colpa?) da parte di Regioni, ASL, DSM e Medici che sostengano il diritto (la legge non basta: occorrono giudici che obblighino) a liberarsi da quel labirinto che ingoia risorse ingenti, fagocita qualche buon proposito di chi ci lavora, distrugge menti e produce disperazione e un angosciante smarrimento.

 Quando la commissione Marino li visitò ne rivelò l’inefficienza, ma su tutto l’inutilità, che noi con pochi altri andavamo testimoniando da decenni. Se l’inutilità è stata poi cassata per Legge (Severino), l’efficienza della loro funzione, recuperata nella logica securitaria, non è stata di fatto impedita, anzi curata e conseguita… Gli OPG continuano infatti ad accogliere nuovi disperati, nuove marginalità, garbugli nosografici. E a lustrare sè stessi. Così si  rimanda la trascrizione della parola fine.