in risposta ad un articolo dell'ESPRESSO

in risposta ad un articolo dell'ESPRESSO:

Cara Rossini, il “Viaggio nella psichiatria infantile” di Elena Testi su L’Espresso del 28 gennaio offre un ritratto dell’assistenza ai bambini e ragazzi con problemi psichici nel nostro paese per lo meno confondente.
E’ forse lo specchio di un certo diffuso disordine di idee più preoccupante se compare su un settimanale politico e di cultura di sicuro impegno. Si sposano le tesi che le malattie psichiatriche dei minori coinvolgano un milione e cinquecentomila soggetti di cui solo un quinto diagnosticato (da chi e come?), che queste patologie sono dimostrate da inequivoche immagini strumentali, che si tratta di malattie da curare con i posti letto e con i farmaci i quali peraltro vengono utilizzati con pericolose modalità empiriche inappropriate. Insomma: la salute mentale, anche quella dei nostri figli, è un problema di malattie, diagnosi e di trattamenti con farmaci e ricoveri. Un problema medico da affrontare con gli strumenti della medicina. Peccato che questo cedere ideologico alle ragioni di una supposta scienza in un ambito in cui la scienza, quella vera, ha ben poco a che fare, è drammatico. E se si parlasse anche della diffusione indebita delle diagnosi e dell’ampliamento delle popolazioni a cui somministrare i farmaci psichiatrici? O della delega ai medici, promossi a scienziati, dei problemi che insorgono nell’infanzia (e non solo) che più che con carenze genetiche o innate hanno a che fare con mancanze di attenzione, responsabilità, sensibilità da parte degli adulti (ci sono dati anche per questo)? E ancora del fatto che questi non vengono aiutati da nessuno a tollerare le paure e le inquietudini di essere genitori ed educatori in un tendenziale deserto di relazioni di supporto? E che dire delle difficoltà enormi per i minori, e non solo, a conoscersi, a nominare sentimenti ed emozioni che se muti si trasformano in sintomi e comportamenti? Forse un invito a riflettere, pensare e soffermarsi sulle cose anziché imboccare scorciatoie che, nell’impazienza diffusa, si aggrappano a un’immagine di scienza che non conosce  dubbi e incertezze, farebbe meglio a tutti. E sarebbe un modo adeguato di ricordare il significato della legge di cui quest’anno ricorrono i quarant’anni.
Antonello D’Elia, Presidente di Psichiatria Democratica