Delibera Regione Toscana n° 841 – Linee guida per il superamento dell’Ospedale Psichiatrico di Montelupo F.no

Ebbene le linee guida glissano su questo punto, richiamando solo “l’urgente sanificazione e messa a norma dei locali” (di competenza del Ministero di Giustizia) quale “punto di partenza essenziale per l’avvio dei percorsi riabilitativi” previsti dalla Delibera.

Di fatto però l’unico percorso per il quale esiste un adeguato finanziamento e una credibile scadenza, il 31.1.2012, è quello per la dimissione di 19 internati toscani, attualmente in regime di proroga o di scadenza della durata minima della misura di sicurezza, per i quali già esistono programmi di dimissione formulati congiuntamente dagli operatori di Montelupo e dai Dipartimenti di Salute Mentale di competenza.

Sulle altre tappe, specie quelle che coinvolgono gli internati non toscani che dovrebbero rientrare nelle Regioni di appartenenza (Liguria, Sardegna, Umbria), le scadenze non sono tassative tanto che è prevista “presumibilmente” entro il 2011 la stipula dell’accordo interregionale in merito in modo che “l’effettivo e definitivo trasferimento degli internati alle Regioni di provenienza potrebbe così essere realizzato entro l’anno 2012”.

Questa genericità nelle scadenze e la mancanza di finanziamenti rendono assai incerta la realizzazione di questa fase: questo è ancora più grave nel clima complessivo attuale in cui si colgono, dopo lo sdegno per gli orrori denunciati dalla Commissione sulla condizione degli internati, i segni di una certa rilassatezza ed anche delle resistenze alla piena attuazione del DPCM sul superamento degli opg italiani.

Anche le previste strutture territoriali alternative all’opg per le ulteriori dimissioni e la prevenzione degli invii soffrono, nella delibera, delle medesime incertezze e della mancanza di identificate fonti di finanziamento.

Tuttavia l’aspetto più inquietante della delibera è nella reiterata ambiguità sulla reale volontà della Regione di chiudere Montelupo o riciclarlo: si ipotizza infatti un riutilizzo, sia pure temporaneo e dopo ristrutturazione, del reparto attualmente sotto sequestro (Reparto “Ambrogiana) con funzione esclusivamente sanitaria e vigilanza esterna (non escludendo però di utilizzare altre strutture totalmente esterne all’attuale struttura, per es. Istituto Gozzini a Sollicciano).

Ci si domanda legittimamente: un reparto ospedaliero dentro l’area di Montelupo, sarà diverso dal precedente opg? ma diverso per chi?

A nostro avviso quello Regionale è un progetto confuso che rischia di perpetuare l’opg, il tutto per non affrontare con coraggio l’unica opzione credibile: l’OPG di Montelupo deve essere chiuso e a partire da questa scelta preliminare devono essere individuate le alternative, formulate le tappe e individuati i finanziamenti.

Alternative e tappe che possono essere anche quelle indicate dalla delibera ma, in questo caso, con ben altro senso e coerenza.

Psichiatria Democratica quindi, pur cogliendo l’importanza generale della Delibera 841 e apprezzandone alcuni contenuti positivi, non può non denunciare, per le ambiguità in essa contenute, l’occasione mancata per realizzare una reale chiusura dell’opg di Montelupo da cui deriverebbe grande merito alla Regione Toscana nella battaglia per porre termine a quelle che il Senato della Repubblica nella sua deliberazione del 27 settembre scorso ha definito “ condizioni di vita e di cura all’interno degli opg…incompatibili con le disposizioni costituzionali in materia di diritto alla salute, libertà personale e umanità del trattamento...”.

Psichiatria Democratica, confortata in questo anche dalla posizione recentemente ribadita dal Garante Regionale delle persone detenute e internate, chiede quindi con forza la chiusura dell’OPG di Montelupo .

Segue Testo integrale

 

La Regione Toscana ha adottato il 3 ottobre scorso la delibera n° 841 con cui approva le “Linee guida per il superamento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino”.

Prima di addentrarci nell’esame della delibera conviene richiamare alcuni recenti documenti ufficiali in merito alla situazione generale degli OPG,  frutto in particolare del lavoro della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla Efficienza ed Efficacia del SSN (Commissione Marino), e su Montelupo in particolare.

In ordine cronologico possiamo richiamare:

1)      “Relazione sulle condizioni di vita e di cura all’interno degli OPG” dei relatori Sen. Michele Saccomanno e Sen. Daniele Bosone, approvata dalla Commissione in data 20 luglio 2011.

In detta relazione le condizioni in cui fu trovato l’OPG di Montelupo nel corso dell’ispezione del 22 luglio 2010 vengono così descritte: “…evidenti carenze strutturali …dovute anche alla vetustà degli edifici…estese macchie di umidità…intonaci scrostati e cadenti…celle anguste ed in alcuni casi fatiscenti; i servizi igienici di alcune celle sono risultati luridi…arredamento carcerario…gli internati S.R e A.H. erano stati contenuti…e ciò non risultava registrato nel diario clinico….”.

2)      In data 26 luglio 2011 la Commissione Parlamentare di Inchiesta dispone il sequestro di

alcuni locali dell’OPG di Montelupo (sala contenzioni Pad. Pesa e alcune celle della Sez.    Ambrogiana); dispone inoltre per tutte le strutture l’adeguamento entro 15 gg alla normativa antincendio e l’adeguamento, entro 180 gg, di “…tutte le sezioni alla normativa nazionale e regionale in meritoa ai requisiti minimi per le strutture riabilitative psichiatriche…”  avvertendo che “decorsi infruttuosamente i termini per gli interventi conformativi sarà adottato un provvedimento di sequestro esteso all’intera struttura” .

In narrativa nella ordinanza di sequestro vengono richiamate le “risultanze delle tre visite ispettive a sorpresa svolte tra il 22 luglio2010 e il 21 luglio 2011” e “…ritenuto che…le condizioni igienico sanitarie, clinico assistenziali e strutturali, nelle porzioni di struttura più avanti specificate, sono tali da recare pregiudizio a diversi diritti costituzionalmente garantiti dei pazienti ricoverati: segnatamente il diritto a modalità di privazione della libertà non contrarie al senso di umanità; il diritto fondamentale alla salute; il diritto all’incolumità…”.

Si richiama inoltre il dictum della Corte Costituzionale che ha chiarito che “ le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente: e pertanto, ove in concreto la misura coercitiva di ricovero in opg si rivelasse tale da arrecare presumibilmente un danno alla salute psichica dell’infermo, non la si potrebbe considerare giustificata nemmeno in nome di tali esigenze”.

      3)   Il 27 settembre 2011 il Senato al termine dei lavori della Commissione approva una delibera in cui “…premesso che le condizioni di vita e di cura all’interno degli opg sono attualmente incompatibili con le disposizioni costituzionali in materia di diritto alla salute, libertà personale e umanità del trattamento, nonché con la disciplina di livello primario e secondario relativa alla sanità penitenziaria…” impegna il Governo “…ad adottare…interventi urgenti e immediati di revisione ed adeguamento delle dotazioni di personale, dei locali, delle attrezzature, delle apparecchiature e degli arredi sanitari agli standard ospedalieri in vigore a livello nazionale e regionale…” e “…a stipulare convenzioni con le Regioni sede di opg, al fine di individuare strutture idonee ove realizzare una gestione interamente sanitaria dei ricoverati, secondo le esperienze rappresentate da Castiglione delle Stiviere e…dalle comunità assistenziali esterne agli opg…(con) …utilizzo del personale penitenziario da adibire esclusivamente alle funzioni proprie e di Istituto…”.

 

 

E’ evidente che la risoluzione del Senato, pur contenendo affermazioni di principio fondamentali e non eludibili, proprio per la necessità di essere tradotta in atti da parte del Governo, non è immediatamente operativa rinviando agli enti competenti, DAP, Regione (e Magistratura di Sorveglianza) per le rispettive competenze, la traduzione in pratica del DPCM.

Tutti gli atti conseguenti non possono tuttavia prescindere dalla premessa che “le condizioni di vita e di cura all’interno degli opg sono attualmente incompatibili con le disposizioni costituzionali in materia di diritto alla salute, libertà personale e umanità del trattamento, nonché con la disciplina di livello primario e secondario relativa alla sanità penitenziaria”.

Questa deve essere la bussola che deve orientare gli interventi.

Sarebbe stato perciò conseguente aspettarsi che una Delibera Regionale sul futuro di Montelupo partisse da questi assunti di principio per concludere che l’unica opzione possibile è la chiusura della struttura, fissandola nel tempo e programmando gli interventi necessari ad affrontare la fase intermedia (in questo senso si esprimeva anche la proposta presentata dal Centro “F.Basaglia” di Arezzo nel corso del Convegno fiorentino del giugno scorso).

Così non è stato e la Regione ha scelto di non scegliere: non ha sciolto l’equivoco semantico tra “superamento” e “chiusura” e su questo si è modellato il percorso per il “superamento”; vogliamo chiarire subito che un “superamento”, considerato il degrado attuale della struttura, è necessario per assicurare a coloro che ancora vi resteranno internati, sia pure temporaneamente, è necessario ma acquista un senso progressivo solo se realizzato in funzione di una “chiusura”, cioè di un cambiamento non solo degli ambienti (pure necessario) ma anche dei luoghi dove si dovrà declinare il nuovo paradigma della gestione dei pazienti psichiatrici autori di reato.

Questa incertezza si riflette anche nel fissare i tempi del “superamento” ipotizzato come “prevedibile” alla fine del 2012.

Per noi è evidente che una struttura in condizioni di degrado come quelle denunciate a tutti i livelli, in cui gli aspetti carcerari continuano a predominare su quelli sanitari, non può essere “superata” (anche per ragioni economiche) se non chiudendola, come richiesto anche da varie istanze della società civile, dalle associazioni dei Familiari ed in ultimo anche dal Garante Regionale delle Persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Dr Alessandro Margara,  che nella sua nobile lettera alle istituzioni afferma: “…o si realizza il percorso di superamento e di chiusura degli OPG o ogni diritto delle persone internate in tale istituto è a rischio: diritto alla cura della loro salute, diritto alla realizzazione di condizioni che valgano ad assicurare il loro recupero sociale con il ripristino del rapporto con i servizi psichiatrici competenti, diritto ad avere condizioni di internamento più vivibili e ad avere tutti gli altri diritti, che, da un lato il Servizio sanitario pubblico e, dall’altro, l’Ordinamento penitenziario  per la parte che gli resta, riconoscono alle persone internate. Questi diritti sono, quindi, in gioco e soprattutto importa che questi diritti abbiano un futuro o no, e il futuro ci sarà se ci sarà il superamento e la chiusura di strutture come i vecchi OPG…”.

Ma la delibera non si esprime in questo senso, rimanendo nell’incertezza delle soluzioni “a regime” e proponendo un’irrisolta scelta per le strutture destinate ad accogliere, temporaneamente, gli internati toscani, tra la ristrutturazione dell’Ambrogiana (la sezione in parte sequestrata dalla Commissione Marino e interna all’opg) e l’utilizzo di una struttura esterna, come l’Istituto Gozzini (nell’area di Sollicciano): recita infatti l’Allegato 1  “La struttura Ambrogiana rimarrà comunque attiva per gli internati toscani parallelamente alla contemporanea  realizzazione delle strutture di accoglienza residenziale terapeutiche previste per ciascuna delle tre Aree Vaste regionali,utilizzando ove possibile ed in accordo con le disponibilità dell’Amministrazione Penitenziaria, altre strutture idonee, compreso l'Istituto Gozzini”.

E’ evidente che le due soluzioni non sono equivalenti e che non sarà possibile, anche per ragioni economiche, perseguirle contemporaneamente. Se verrà ristrutturata l’Ambrogiana, riportandola ad una dimensione totalmente sanitaria per adeguarla agli standard nazionali e regionali, ben difficilmente potrà essere dismessa una volta completato l’auspicato percorso di dimissione degli internati, anzi questo verrà rallentato se non bloccato: si apre inoltre, forse inconsapevolmente, la strada per perpetuare un ospedale psichiatrico (senza la “g” di giudiziario) negli stessi luoghi dell’opg (ove il “genius loci  del vecchio” continuerà ad aleggiare sul “nuovo”).

La mancata chiarezza sulla chiusura di Montelupo e sui tempi certi entro cui deve realizzarsi si traduce nel depotenziamento, di fatto, di tutte le azioni previste nella Delibera.

Se realmente si vuole chiudere Montelupo, si deve fissare un termine tassativo per farlo: ricordiamo quanto è avvenuto per la chiusura degli ospedali psichiatrici la cui “graduale” chiusura era prevista dalla 180 fin dal 1978 ma, anche in Toscana, per es. a Siena, non era ancora completata dopo 18 anni e si è compiuta solo dopo che la Finanziaria del 1996 ha fissato un termine inderogabile e delle sanzioni (anche economiche) per le ASL che non lo avessero rispettato (Siena ha chiuso nel settembre 1999).

Scadenze temporali certe per la realizzazione delle varie fasi sono indispensabili ma prima ancora si deve decidere di chiudere Montelupo!

E’ indubbio che il numero degli internati è diminuito, che la regionalizzazione prevista dal DPCM è stata in larga misura realizzata (86%) e che si è attuato un consistente numero di dimissioni di pazienti toscani, ma, come per il passato, le dimissioni riguardano essenzialmente soggetti che avevano concluso il periodo minimo di durata della misura di sicurezza e si trovavano in regime di proroga; anche tra quelle prossime previste – 19 – ben 12 sono in regime di “proroga”.

Per la dimissione di questi soggetti, che non dovrebbero restare oltre in opg, è fissato il termine del 31.1.2012 ma già dalla lettura della Tabella “A” si evince che tale termine non sarà rispettato prevedendosi per 11 di loro tempi da 6 mesi a 1 anno per l’attuazione della dimissione.

Su questo, come su tutte le altre scadenze temporali, i termini devono essere vincolanti per tutti i soggetti interessati, Regione, UUSSLL ( da quella di Empoli dove ha sede Montelupo a tutte le altre della Toscana) e DSM di appartenenza e destinazione.

Anche per il rientro dei pazienti nelle Regioni di competenza  le scadenze sono vaghe: è abbastanza singolare che l’efficacia di un atto deliberativo venga fissata “presumibilmente” e  la realizzazione fissata al condizionale (“stipula formale presumibilmente entro il 2011” ed “effettivo  e definitivo trasferimento degli internati alle Regioni di provenienza potrebbe  così essere realizzato entro l’anno 2012”  Allegato 1 – 2.1 pg 3).

Non sono meri formalismi: è evidente che i progetti di dimissione nelle Regioni di provenienza sono anche il risultato di “contrattazioni” tra istituzioni e le incertezze sui termini di attuazione, specie se sommate a quelle sul futuro di Montelupo, riducono la contrattualità della Regione Toscana e rischiano di fare finire il DPCM su un binario morto.

Ci saremmo al riguardo aspettati che la delibera riproponesse con forza un Coordinamento Tecnico che curasse questi aspetti, mantenendo e sviluppando i contatti con le Regioni del bacino e monitorando il rispetto delle scadenze concordate: questo tanto più nel clima complessivo attuale in cui si colgono, dopo lo sdegno per gli orrori denunciati dalla Commissione, i segni di una certa rilassatezza ed anche delle resistenze alla piena attuazione del DPCM che richiede per la sua applicazione una grande coordinazione e una leale collaborazione tra tutti i soggetti interessati perché ciascuno di essi funge da “reazione limitante” del processo che coinvolge tutti gli altri.

Sarebbe altresì opportuno che al Coordinamento Tecnico fosse affiancata una Commissione Regionale non solo dotata delle necessarie competenze amministrative, sanitarie e giuridiche ma aperta anche all’apporto delle rappresentanze della società civile (Associazioni, familiari, utenti, ecc.) col compito di stimolare e monitorare i risultati delle varie azioni dei soggetti istituzionali e sociali coinvolti nel processo complessivo di chiusura dell’opg.

Ritornando alla delibera, le stesse incertezze sopra denunciate riguardano anche la realizzazione delle Strutture intermedie per misure di sicurezza non detentive nelle Aree Vaste; sono strutture indispensabili sia per favorire ulteriori dimissioni sia per offrire una  alternativa all’invio in opg in un’ottica preventiva, come giustamente richiamato nell’allegato della Delibera, mettendo a disposizione della Magistratura di Sorveglianza soluzioni differenziate e alternative all’invio in opg per l’esecuzione della misura di sicurezza.

Le incertezze sui tempi e l’assenza di finanziamento (almeno per quanto risulta in delibera) rendono la realizzazione di queste strutture aleatoria.

Sui limiti e le contraddizioni della (mancata) scelta per la realizzazione della struttura sanitaria per misure di sicurezza detentive ci siamo già espressi:  possiamo solo ribadire che l’orientamento verso il riutilizzo dell’Ambrogiana appare contraddittorio rispetto al progetto complessivo mirato alla chiusura di Montelupo e rischia di  svuotare di significato anche l’utilizzo delle altre strutture intermedie previste.

L’Ambrogiana, anche ristrutturata, ben difficilmente potrà essere vissuta come una “novità” rimanendo in un’area storicamente connotata come opg, circondata da altre strutture penitenziarie perché tali diventeranno gli attuali padiglioni alcuni dei quali già recentemente restaurati in funzione carceraria (nel senso di riutilizzare Montelupo come casa circondariale e/o di reclusione si è già espresso un sindacato della Polizia Penitenziaria); una struttura “sanitaria” a vigilanza esterna nell’area di Montelupo continuerà a funzionare come polo di attrazione per l’invio di nuovi internati e nella migliore delle ipotesi si proporrà come un neo-ospedale psichiatrico, sul modello, richiamato in vari documenti ufficiali di Castiglione delle Stiviere, modello in contrasto con la normativa vigente in tema di assistenza psichiatrica e comunque da superare se si vuole realmente dare attuazione al DPCM .

Un ultimo punto riguarda il ruolo dei DSM in tutto il processo di superamento: anche qui la Delibera resta nel generico quando si richiama all’obbiettivo di “ricondurre i singoli utenti  al circuito ordinario dei DSM con una condizione di presa in carico e di assistenza tale da soddisfare i bisogni dell’utente e dell’ambiente familiare riducendo gli eventuali rischi di recidiva di condotte antigiuridiche derivanti da patologia psichica” e si elencano le prestazioni erogabili dal dipartimento.

Occorre che i DSM, ovviamente dotati di risorse adeguate sia in termini di personale che di finanziamenti, siano vincolati all’interno di questo progetto e valutati con incentivi o penalizzazioni, insieme con i Direttori Generali delle Aziende, in base ai risultati ottenuti sia nella prevenzione degli invii che nella dimissione dei loro pazienti comunque internati.

Occorre inoltre che la Regione promuova specifiche iniziative di formazione rivolte a tutti gli operatori sul tema della sanità penitenziaria (di cui fa parte anche l’opg).

Per queste ragioni la Delibera e il suo Allegato, se vogliono rappresentare il reale inizio di un percorso di civiltà, vanno integrati nel senso di definire in maniera tassativa i tempi di realizzazioni delle varie fasi, i finanziamenti e le sanzioni per gli inadempienti: il tutto subordinato, ovviamente, alla decisione di chiudere l’opg di Montelupo Fiorentino.

 

27 Ottobre 2011

 

Cesare Bondioli – This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

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