La scomparsa di Paolo Nascimbeni

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La scomparsa di Paolo Nascimbeni

Il 16 aprile scorso ci ha lasciato Paolo Nascimbeni, psicologo, conosciuto per la sua cultura e la lunga partecipazione, anche in posizioni di responsabilità – Responsabile dell’U.F. Salute nascimbeni ridMentale Infanzia e Adolescenza, Direttore per lunghi anni dell’U.O. di Psicologia, Direttore del DSM di Arezzo, Referente per la Regione Toscana alla formazione - all’esperienza, sotto la direzione di Agostino Pirella, della chiusura del manicomio di Arezzo a partire dall’inizio degli anni’70 e al lavoro nei servizi territoriali.

Risulta una fonte preziosa oggi per ricordarlo il suo intervento al Convegno su Agostino Pirella nel giugno 2018[1] in cui Paolo ha tracciato una sintesi della sua esperienza aretina; per ri-conoscerlo o presentarlo a chi non l’ha conosciuto credo che non ci sia niente di meglio che affidarsi alle sue parole.

Paolo è stato una delle prime persone a venire a lavorare ad Arezzo sulla motivazione della sua formazione di Psicologo Sociale che idealmente trovava nell’esperienza di Arezzo, che cominciava ad essere conosciuta a livello nazionale, una pratica psichiatrica di “negazione del mandato sociale. Negare il mandato sociale della psichiatria ed il mandato sociale di coloro che cominciavano ad occuparsi di Salute Mentale era una cosa basilare per potere riuscire a vedere delle persone non come malati ma come individui: è stata questa una prima mossa culturale che ha spinto me e tante altre persone nell’impegno professionale e politico che, allora, coincidevano” .

Inizia così il lungo rapporto di Paolo con Arezzo e con Agostino Pirella che riconosce, pur nelle non trascurabili differenze caratteriali, come punto di riferimento e maestro cui lo lega l’ “attenzione agli ultimi, partire dagli ultimi, era qualcosa che non era letteratura ma era la pratica che facevamo quotidianamente… (e) questa matrice ce la siamo portata dietro…”.

Questo è stato per Paolo, come per molti di noi, l’insegnamento comune del lavoro ad Arezzo e questo è quello che ci ha consentito di rimanere “compagni di strada” anche quando abbiamo intrapreso esperienze culturali e formative diverse: per Paolo la Terapia della famiglia cui si era formato negli anno ’80.

Paolo con molta lucidità e onestà intellettuale riconosce in questa che chiama “impronta/matrice” la chiave per affrontare il tema/problema delle tecniche “non chiudendosi dentro le tecnologie” ma avendo gli strumenti, scientifici, culturali e pratici per confrontarsi – come avvenuto in corsi di aggiornamento per gli operatori del DSM cui partecipavano come “docenti… il fior fiore delle tecniche” – con dei “professionisti portatori di tecnologie e tecniche ‘forti’… venuti a confrontarsi con tutti gli operatori della Toscana forse per la prima volta in maniera non autoreferenziale… (questo è stato possibile farlo) proprio perché avevamo quella cultura di base da cui eravamo partiti… potevamo imparare tutte le tecniche del mondo ma se non avessimo avuto quella base scientifica e pratica della lotta all’esclusione, di considerazione dell’individuo… non avremmo potuto arricchire i Servizi e, in un certo senso, i nostri ‘docenti’ ma avremmo alimentato, come si diceva negli anni ’70, ‘il supermercato delle tecniche’…”.

Ti accompagni il nostro meritato ricordo, ti sia lieve la terra e “comunque in nostro impegno professionale e civile continua”  

Cesare Bondioli

 


[1] Per chi fosse interessato gli atti del convegno possono essere richiesti gratuitamente a Centro “F.Basaglia” c/o Provincia di Arezzo – Piazza della Libertà 3 – 52100 Arezzo