Ma stavolta la città dev'essere coinvolta

di Emilio LUPO e Salvatore di FEDE

La Repubblica 04 luglio 2012 —   pagina 1   sezione: NAPOLI

Le dichiarazioni del sindaco Luigi de Magistris sulle risposte da offrire a cittadini disagiati anche utilizzando un piccolo spazio tra quelli disponibili presso l'ex Albergo dei poveri hanno un doppio merito: 1) Porre finalmente dentro il progetto di una nuova Napoli le soluzioni al disagio che la comunità deve alle persone senza fissa dimora; 2) Riprendere in maniera organica il dibattito sulla destinazione di Palazzo Fuga.

Già una dozzina di anni fa ponemmo all'attenzione, prima come associazione e poi insieme a tante realtà associative e di volontariato militante raccolte sotto la sigla "Comitato per l'Albergo dei poveri», il destino di questa straordinaria struttura ed i suoi rapporti con l'intera metropoli.

Ma nessuno raccolse l'invito che pure rivolgemmo all'amministrazione cittadina di allora, agli intellettuali ed alle forze politiche e sociali.

Dicemmo allora e riproponiamo, qui ed ora, le linee del nostro intervento: «L'Albergo dei poveri deve diventare patrimonio collettivo e irrompere come suo bene nella città. Scompigliando e poi scomponendo deve tornare a unire. Rimanere pure testimone del plumbeo passato, ma provandosia divenire come ponte verso quella stessa città che vi aveva, progressivamente, confinato la sua speranza. Una sorta di riparazione a posteriori.

Un po' illuminista? Possibile. Palazzo Fuga che da mura di costrizione/separazione può diventare finestra aperta dentro la città. E guardare in fondo alle sue viscere: finalmente». Restiamo del parere che quello spazio debba diventare una bella cosa. Dalle molteplici funzioni.

Della quale andare orgogliosi.

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Lettera di Cesare Bondioli (Responsabile Nazionale Carceri e OPG di Psichiatria Democratica) sul Decreto di chiusura degli OPG.

 

                                                                   Arezzo 1 Febbraio 2012

Cari compagni ed amici,

le polemiche suscitate dall’approvazione dell’Art 3 –ter del c.d. “Decreto svuota carceri”, mi riportano alla mente quanto successo nel 1978 con l’approvazione della 180, specie per la sua parte che introduceva il TSO.

E’ noto che lo stesso Franco Basaglia avrebbe voluto che nella legge non fossero previsti dispositivi “coercitivi” ma con grande senso di responsabilità e visione politica, finì per accettare il TSO come male minore. Anche allora parti consistenti del movimento si opponevano al tso ma nessuno si spinse fino al punto di disconoscere la 180 per una visione “pura e dura” dei risultati della lotta di deistituzionalizzazione dei manicomi di cui la 180 fu comunque l’esito e l’inizio di una sua generalizzazione. Nessuno si sognò di dichiararsi apertamente contrario alla 180 , insieme alle destre, anzi tutti rivendicarono la Legge come un successo del lavoro svolto dal movimento anti-istituzionale dentro i manicomi e nel territorio; tutti poi si sono impegnati nel lavoro quotidiano per una applicazione avanzata della legge proprio nei suoi aspetti più critici e criticabili: da qui la battaglia, non ancora vinta, per SPDC aperti e senza contenzioni o per forme di ricovero alternative (v. servizi di salute mentale h 24 con posti letto).

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Per Vincezo Consolo

 

E' morto lo scrittore  Vincenzo CONSOLO e siamo tutti più soli e fragili.

Ci mancheranno i suoi sguardi teneri e indagatori.

I suoi ammonimenti che erano riflessione collettiva ma anche coinvolgimento personale.

Diretto.

Convinto.

Mai occasionale o di facciata.

Vincenzo era uno di noi.

E questo ci inorgogliva.

E questo ci inorgoglisce.

Minatori,

diritti civili,

su di una biro che era una clava,

un martello,

una chiave,

uno spartito.

Ci piace immaginarlo che se ne sia andato con sotto il braccio

Il Sorriso dell'ignoto marinaio,

che abbiamo tanto amato.

Forse perchè così continuerà a solcare

mari e onde sulla sua penna

che lo iscrive tra i maggiori e più acuti innovatori del linguaggio,

della letteratura internazionale.

A Caterina dolce e tenace compagna, 

testimone e protagonista di una storia che il tempo non potrà mai esaurire

l'abbraccio più forte di tutta Psichiatria Democratica.

Emilio

una delegazione di Psichiatria Democratica sarà presente ai suoi funerali che si terranno a Sant'Agata di Militello in Sicilia, suo paese natio

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IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

l'UNITA'- Giovedì 5 gennaio 2012

 

Che cosa lega l'articolo 1 il 18 e la legge 180.

di Emilio Lupo, Psichiatra

Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

 

Ed ecco i numeri: 1, 18 e 180.

Forse perchè i conti si fanno a fine d'anno,

che un ciclo si è concluso (con danni gravi, assai),

ed un altro si è appena aperto ( e già fa male, tanto).

Piuttosto, dicono gli esperti, i numeri hanno sempre un filo che li unisce,

li mescola,

li completa.

Lo stesso filo che divide,

minimizza o esaspera.

Con dentro le persone,

sole,

stritolate,

affannate,

da nord a sud.

Numeri che chiudono ma anche che tengono aperta,

una speranza,

una lotta,

una Nazione.

E il numero 1 così recita:

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro",

un numero sul quale si sono abbattuti tanti altri e, precisamente:

due milioni e oltre di disoccupati.

Ma i numeri - si sa -  sono, talora, anche paradossali,

dispettosi,

ingenui,

soffocanti,

frizzanti e vivaci.

Non per il numero 1. Giammai!

Lui è sempre in alto,

maestoso,

rassicurante.

Una grande madre.

un padre autorevole.

Un occhio che vigila.

La vetta, insomma.

Eppure piccolo nella sventura,

quando la somma del comignolo che non fuma più,

e della mensa vuota,

e del deposito deserto,

e del reparto muto e della tuta al chiodo, raggiunge prima i milioni

e poi il miliardo.

E così non sta più in alto,

e diventa matrigna,

disamorato.

Ultimo con gli ultimi.

E si fa avanti il numero 18 che così recita:

" il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi....o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro....... di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.....". E' questo un numero per così dire rinnovato e rinnovabile

o forse più precisamente periodico,

non nella sua accezione tecnica, piuttosto in quella politica.

Una sorta di licenza poetica con l'imprimatur dello Stato.

Oppure un riflesso pavloviano: basta sedersi - anche per un attimo - nella stanza dei bottoni ed ecco che il riflesso diventa subito condizionato, anche da chi non te lo aspetteresti: per salvare il Paese, per creare posti di lavoro - si sentenzia - bisogna rivedere l'articolo 18 (sic!).  La panacea.

Intanto nel Paese si registra un miliardo (leggasi un miliardo!) di ore di cassa integrazione,

e ben 4 milioni di precari e, così,  ti vedi costretto, dopo tanti anni di duro lavoro

come di pochi mesi

di esperienza - nei quali hai messo l'anima -

o ad accettare un contratto capestro

oppure portare la testa,

le mani,

l'anima,

lontano da casa.

Ritorna, d'incanto, il paradosso dei numeri: per assumere bisogna licenziare!

Ed eccolo che entra il campo il numero 180, che tra le tante cose afferma che: èin ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, ma anche che l'assistenza psichiatrica non è più manicomio, elettroshock, letto di contenzione, bomba di farmaci, inguaribilità,

ma visita ambulatoriale/domiciliare,

Centro diurno,

lavoro, casa, vacanze.

Insomma dignità e nuovo protagonismo di utenti, familiari e operatori.

Alla sopraffazione si sostituisce il prendersi cura.

1, 18,180.

Tre numeri apparentemente distanti.

Tre numeri forti.

Tre pagine indelebili.

Scritte con il sangue, la fatica e la testa

da chi non ci sta a dire sempre di sì.

Tre pagine repubblicane.

Laiche.

Tre simboli di un Paese che se rinasce lo farà

partendo da queste basi.

L'Unità d'Italia ha anche questi numeri.

Un libro di Giovanni Rissone

Presentato sul TGR Leonardo del 28/12/2011( 28 12 2011 Leonardo )

su Rai.tv  dal 9 minuto circa 

Oppure lo puoi vedere qui sotto.

 

 

Pazzo

IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

Vincenzo Consolo

Letto al convegno di Psichiatria Democratica 12-13.3.2009 Caltagirone

Archiviato nei saggi

 

In una notte di giugno dell' 827, una piccola flotta di Musulmani (Arabi, Mesopotamici, Egiziani, Siriani, Libici, Maghrebini, Spagnoli), al comando del dotto giurista settantenne Asad Ibn al-Furàt, partita dalla fortezza di Susa, nella odierna Tunisia, emirato degli Aghlabiti, attraversato il braccio di mare di poco più di cento chilometri, sbarcava in un piccolo porto della Sicilia: Mazara (nella storia ci sono a volte sorprendenti incroci, ritorni:Mazar è un toponimo di origine punica lasciato nell'isola dai Cartaginesi). Da Mazara quindi partiva la conquista di tutta la Sicilia, dall'occidente fino all'oriente, fino alla bizantina e inespugnabile Siracusa, dove si concludeva dopo ben settantacinque anni. Si formò in Sicilia un emirato dipendente dal califfato di Bagdad. In Sicilia, dopo le depredazioni e le spoliazioni dei Romani, dopo l'estremo abbandono dei Bizantini, l'accentramento del potere nelle mani della Chiesa, dei monasteri, i Musulmani trovano una terra povera , desertica, se pure ricca di risorse. Ma con i Musulmani comincia per la Sicilia una sorta di rinascimento. L'isola viene divisa amministrativamente in tre Valli, rette dal Valì: Val di Mazara, Val Dèmone e Val di Noto; rifiorisce l'agricoltura grazie a nuove tecniche agricole, a nuovi sistemi di irrigazione, di ricerca e di convogliamento delle acque, all'introduzione di nuove colture (l'ulivo e la vite, il limone e l'arancio, il sommacco e il cotone...);  rifiorisce la pesca, specialmente quella del tonno, grazie alle ingegnose tecniche della tonnara; rifiorisce l'artigianato, il commercio, l'arte. Ma il miracolo più grande durante la dominazione musulmana è lo spirito di tolleranza, la convivenza tra popoli di cultura, di razza, di religione diverse. Questa tolleranza, questo sincretismo culturale erediteranno poi i Normanni, sotto i quali si realizza veramente la società ideale, quella società in cui ogni cultura, ogni etnia vive nel rispetto di quella degli altri. Di questa società arabo-normanna ci daranno testimonianza viaggiatori come Ibn Giubayr, Ibn Hawqal, il geografo Idrisi. E sul periodo musulmano non si può che rimandare alla Storia dei Musulmani di Sicilia, (1) scritta da un grande siciliano  dell' 800, Michele Amari. Storia scritta, dice  Elio Vittorini, “con la seduzione del cuore” (2). E come non poteva non scrivere con quella “seduzione”, nato e cresciuto nella Palermo che ancora conservava nel suo tempo non poche vestigia, non poche tradizioni, non poca cultura araba ? Tante altre opere ha scritto poi Michele Amari sulla cultura musulmana. Per lui, nel suo esempio e per suo merito, si sono poi tradotti in Italia scrittori,

 

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I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da sé.

 

Soteria and no restraint

Merano 21-23 Novembre 2007

I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da sé.

Emilio Lupo

Direttore S.C. - Dipartimento di Salute Mentale - ASL Napoli 1,ds49

                             Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica.

Quanti, dopo Pinel, si sono interessati della vita e dei diritti di chi esprime il proprio disagio esistenziale attraverso i “sintomi” - che  le scelte di codici, normative e pratiche contenitive  hanno designato e designano ancora come sola espressione di “semplice” malattia - costoro sanno che la strada per la liberazione dalla psichiatria è lunga ed impervia.

La psichiatria è traboccante di tragiche utopie. Nel corso dei secoli, ahinoi, queste si sono concretate con gli Ospedali psichiatrici e la coercizione fisica, i bagni gelati e le pratiche di shock (insulinoterapia, malaroterapia, elettroshock etc.) fino al moderno annichilimento farmacologico.

I detentori del potere di cura, difatti, si sono sempre mossi sul binario regola/salvezza e limitandosi a modificare di volta in volta soltanto i vagoni di quel treno di cura, ne hanno imposto direzione e velocità con un locomotore che ha  finito, nella sostanza, per essere il vettore unico ed immutato per la vita di migliaia e migliaia di uomini e donne ammalate.

Sì perché è stata la malattia, la pericolosità sociale, il pubblico scandalo e l’opportunità a cadenzare il fare per i matti e non l’esistenza sofferente, la difficoltà al confronto ed alla condivisione: a meinteressa il malato e non la malattia ammoniva Franco Basaglia qualche anno fa.

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Le istituzioni della salute, le istituzioni della malattia

 

Giuseppe Guido Pullia

“..lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno….”

PABLO NERUDA

 

COMUNICAZIONE

Le istituzioni della salute, le istituzioni della malattia

Abstract: a partire dal tema della qualità della vita si impone la necessità di intervenire nelle contraddizioni uomo/natura e uomo/uomo quando rischiano di comprometterla. Ne derivano risposte che, facendosi istituzioni sanitarie, costituiscono strutture e saperi. E’ necessario non avere un approccio ingenuo di fronte alla medicina, sia quella tradizionale, sia quella che si richiama a pratiche e teorie “alternative”. Si rende indispensabile un approccio critico che non abbracci tout court la medicina “naturalistica” ma che non ricada in contrapposti dogmatismi ideologici facendo dipendere tutto ciò che accade esclusivamente dai perversi disegni del mercato. Senza assolutizzare mode e parole quali, ad esempio, la prevenzione, di cui si sottolineano alcune contraddizioni, è impellente il bisogno di dare risposte scientifiche e politiche adeguate al bisogno di stare bene. Poichè s’intende per salute il bisogno realizzato di benessere, di pienezza,di significato, si conclude definendo la malattia come evento che determina il fallimento (temporaneo o definitivo) di un progetto di vita.

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Documenti di PD

IL SERVIZIO PSICHIATRICO TERRITORIALE: MUTAMENTO ISTITUZIONALE E NUOVA OPERATIVITA’

 

 Le tesi proposte nello scritto che segue scaturiscono soprattutto da una sperimentazione sul campo: si tratta del tentativo, compiuto da chi scrive, di trasformare un servizio prevalentemente clinico, in un servizio etico.  L’esperimento, oltre ai documentati e riconosciuti risultati ottenuti, in termini di riduzione dei ricoveri, dei trattamenti in SPDC, di restituzione del diritto alla casa e al lavoro per un numero significativo di pazienti ,altrimenti condannati alla psichiatrizzazione addizionale, ha compreso una sistematizzazione, provvisoria e locale, delle pratiche di inclusione, che ritengo possa avere una qualche utilità come indicazione di metodo e come invenzione di prassi, mirate alla soluzione del problema della marginalità, partendo dalle condizioni concrete e dalle connotazioni che tale problema ha assunto localmente

 

Raffaele GALLUCCIO- Psichiatra

Servizio di Salute Mentale di Castelnovo nè Monti (Reggio-Emilia)

(Rivista Sperimentale di  Psichiatria - n. 1 -Anno 2011, Vol. CXXXV

 

IL SERVIZIO PSICHIATRICO TERRITORIALE: MUTAMENTO ISTITUZIONALE E NUOVA OPERATIVITA’

 

                                                                  PREMESSA

I Servizi Psichiatrici istituiti subito dopo la promulgazione della L. 180 assunsero i connotati di Servizi eclettici: servizi che, come chimere, combinavano in “collage” riferimenti differenti ed eterogenei. Più precisamente, in tali servizi l’operatività aveva i suoi rimandi teorico-operazionali nei modelli paradigmatici prevalenti in quegli anni, che erano diversi e contraddittori e che erano nati fuori dai contesti della lotta anti-istituionale: lo studio privato del clinico, il lettino dello psicoanalista, lo specchio bidirezionale del terapista relazionale, ecc. Il motivo principale per cui nei primi servizi si realizzò tale apposizione di modelli eterogenei e tale eterotopia, sta soprattutto nel fatto che il processo riformatore non fu mai pienamente e consapevolmente assunto, dalla gran parte degli operatori, come  atto di cura, gravido di implicazioni teoriche, da disvelare ed  elaborare, alle quali riferire  formazione e operatività; in altre parole, la fondazione dei servizi territoriali non si compì, oltre che come atto istituzioanle, anche come fase iniziale di una  ricerca. Ne conseguì, fra l’altro, una schizofrenia formativa, che persiste tuttora, per cui gli psichiatri si formavano nelle scuole di specializzazione universitarie, sulle tesi della vecchia psichiatria accademica di stampo organicista e apprendevano la psicoterapia, pagando uno dei tanti training privati, ispirati ai modelli cui si è accennato in precedenza.

Gli interventi psicoterapici, che venivano praticati nei Servizi eclettici, erano confusi, segnati dalla competizione tra professionisti, che si riferivano a modelli diversi e dalla trasposizione in un contesto, quello del Servizio pubblico, di fatto inagibile, sia per il tipo di utenza che vi aveva accesso, sia per la non riproducibilità dei setting previsti per l’applicazione di tali modelli.

La pratica sociale si declinava in svariate operazioni di apparente inclusione ed era ispirata dalla adesione, ideologica ed axiologica, al movimento nato con la riforma.

Nel complesso, le pratiche del Servizio eclettico erano contraddittorie e deboli perché prive di espliciti e coerenti fondamenti teorici. Se non si fosse posto rimedio a queste carenze, tali pratiche rimanevano esposte, nel lungo periodo, alla revisione del processo di deistituzionalizzazione e alla restaurazione, in forma aggiornata, della psichiatria intramuraria, con il prevalere della funzione di controllo che la caratterizza.

 

I Servizi eclettici si sono trasformati, nel corso degli anni, secondo due direttrici completamente diverse, così che, attualmente, possono essere descritti due tipi ideali di Servizio di Salute Mentale: il Servizio di tipo clinico, o ermeneutico ed il Servizio di tipo etico¹, o dialettico.

Questi Servizi, apparentemente non si differenziano: ambedue i tipi sono dotati di ambulatori, strutture residenziali, centri diurni, appartamenti, possibilità di erogare sussidi e borse lavoro. Ambedue hanno la stessa dotazione di professioni: medici, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri, assistenti sociali, psicologi, amministrativi. Essi, tuttavia, sono incommensurabili per quanto riguarda la definizione dell’oggetto del proprio agire, per il tipo di relazioni che intercorrono all’interno dell’equipe e con i pazienti, per il tipo di relazioni con il

contesto umano e sociale nel quale agiscono, per il modo in cui declinano le proprie pratiche e per la concezione implicita della cura che ispira ognuno di essi.

 

¹Ad evitare confusioni, si fa presente che <<etico>> viene qui usato in contrapposizione a <<tecnico>> e non come sinonimo di <<equo>>.

 

 

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Delibera Regione Toscana n° 841 – Linee guida per il superamento dell’Ospedale Psichiatrico di Montelupo F.no

Delibera Regione Toscana n° 841 – Linee guida per il superamento dell’Ospedale Psichiatrico di Montelupo F.no

Un primo passo e un’ occasione mancata.

Cesare Bondioli – Responsabile Carceri e OPG Psichiatria Democratica

La Regione Toscana ha adottato il 3 ottobre scorso la Delibera n° 841 “Linee guida per il superamento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino”.

Si tratta di un adempimento importante, il primo in Italia per quello che ci risulta, che tracciando un percorso certo per il superamento dell’OPG di Montelupo, fissando impegni e scadenze per le varie tappe, avrebbe potuto fare della Toscana la prima Regione a chiudere un opg.

Purtroppo così non sarà e il documento risulta parziale e ambiguo rispetto al tema principale: la chiusura dell’OPG, di una struttura le cui condizioni sono risultate talmente carenti che la Commissione del Senato sull’Efficienza ed Efficacia del S.S.N. (Commissione “Marino”) ne ha sequestrato alcuni padiglioni e imposto l’ “adeguamento di tutta la struttura agli standard sanitari nazionali e regionali” onde evitare il sequestro dell’intero Istituto.

 


Ebbene le linee guida glissano su questo punto, richiamando solo “l’urgente sanificazione e messa a norma dei locali” (di competenza del Ministero di Giustizia) quale “punto di partenza essenziale per l’avvio dei percorsi riabilitativi” previsti dalla Delibera.

Di fatto però l’unico percorso per il quale esiste un adeguato finanziamento e una credibile scadenza, il 31.1.2012, è quello per la dimissione di 19 internati toscani, attualmente in regime di proroga o di scadenza della durata minima della misura di sicurezza, per i quali già esistono programmi di dimissione formulati congiuntamente dagli operatori di Montelupo e dai Dipartimenti di Salute Mentale di competenza.

Sulle altre tappe, specie quelle che coinvolgono gli internati non toscani che dovrebbero rientrare nelle Regioni di appartenenza (Liguria, Sardegna, Umbria), le scadenze non sono tassative tanto che è prevista “presumibilmente” entro il 2011 la stipula dell’accordo interregionale in merito in modo che “l’effettivo e definitivo trasferimento degli internati alle Regioni di provenienza potrebbe così essere realizzato entro l’anno 2012”.

Questa genericità nelle scadenze e la mancanza di finanziamenti rendono assai incerta la realizzazione di questa fase: questo è ancora più grave nel clima complessivo attuale in cui si colgono, dopo lo sdegno per gli orrori denunciati dalla Commissione sulla condizione degli internati, i segni di una certa rilassatezza ed anche delle resistenze alla piena attuazione del DPCM sul superamento degli opg italiani.

Anche le previste strutture territoriali alternative all’opg per le ulteriori dimissioni e la prevenzione degli invii soffrono, nella delibera, delle medesime incertezze e della mancanza di identificate fonti di finanziamento.

Tuttavia l’aspetto più inquietante della delibera è nella reiterata ambiguità sulla reale volontà della Regione di chiudere Montelupo o riciclarlo: si ipotizza infatti un riutilizzo, sia pure temporaneo e dopo ristrutturazione, del reparto attualmente sotto sequestro (Reparto “Ambrogiana) con funzione esclusivamente sanitaria e vigilanza esterna (non escludendo però di utilizzare altre strutture totalmente esterne all’attuale struttura, per es. Istituto Gozzini a Sollicciano).

Ci si domanda legittimamente: un reparto ospedaliero dentro l’area di Montelupo, sarà diverso dal precedente opg? ma diverso per chi?

A nostro avviso quello Regionale è un progetto confuso che rischia di perpetuare l’opg, il tutto per non affrontare con coraggio l’unica opzione credibile: l’OPG di Montelupo deve essere chiuso e a partire da questa scelta preliminare devono essere individuate le alternative, formulate le tappe e individuati i finanziamenti.

Alternative e tappe che possono essere anche quelle indicate dalla delibera ma, in questo caso, con ben altro senso e coerenza.

Psichiatria Democratica quindi, pur cogliendo l’importanza generale della Delibera 841 e apprezzandone alcuni contenuti positivi, non può non denunciare, per le ambiguità in essa contenute, l’occasione mancata per realizzare una reale chiusura dell’opg di Montelupo da cui deriverebbe grande merito alla Regione Toscana nella battaglia per porre termine a quelle che il Senato della Repubblica nella sua deliberazione del 27 settembre scorso ha definito “ condizioni di vita e di cura all’interno degli opg…incompatibili con le disposizioni costituzionali in materia di diritto alla salute, libertà personale e umanità del trattamento...”.

Psichiatria Democratica, confortata in questo anche dalla posizione recentemente ribadita dal Garante Regionale delle persone detenute e internate, chiede quindi con forza la chiusura dell’OPG di Montelupo .

Segue Testo integrale

 

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Le proposte di PD

 

Le proposte di Psichiatria Democratica per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

 1)  Che il Presidente della Conferenza Stato-Regioni costituisca il punto di coesione e raccordo di tutte le strutture interessate alla dismissione, anche al fine di evitare ritardi nei piani attuativi, insomma affinchè "nessuno resti indietro" nelle singole regioni dove insistono gli OPG, come in quelle realtà dove gli attuali cittadini ristretti dovranno trovare ospitalità;

2) Che la Commissione richieda al  Governo di fissare -attraverso una disposizione legislativa - la data nella quale il processo di dismissione dovrà essere completato in tutte e sei le strutture presenti sul territorio nazionale. A nostro avviso il provvedimento dovrà altresì contemplare il sanzionamento con penalità economiche nei confronti degli Enti inadempienti con l'individuazione di "commissari ad acta" (richiesta antica questa nostra che registriamo con piacere essere stata avanzata anche da alcuni Senatori presentatori di una interrogazione)  laddove si riscontrassero ritardi nell'attuazione dei programmi;

3) Che le Regioni determinino, a supporto e garanzia dei programmi di dimissione risorse economiche certe ed adeguate che stabilizzino in bilancio anche quelle indicate dal Ministro della Salute e quelle provenienti da quello di Giustizia (cassa ammende). Stigmatizziamo che in diversi casi le Regioni - così come recentemente denunziato in TV dal Senatore Ignazio Marino -  non hanno nemmeno fatto richiesta di questi finanziamenti! In questo modo si potranno garantire progetti individualizzati per ciascuna persona interessata, insieme al coinvolgimento attivo di famiglie, Istituzioni, strutture di accoglienza fino agli operatori sociali  che dovranno essere sempre ben formati ed in grado di assolvere i compiti che verranno loro assegnati. Dal punto di vista logistico, dove non sia possibile un rientro in famiglia, pensiamo a piccole strutture di accoglienza, regionalizzate, dove ospitare i dimessi (ribadendo sia l'individualità che la dinamicità  dei progetti);

4) Altra scelta che riteniamo irrinunciabile è quella  che il Servizio sanitario Nazionale, mantenga il coordinamento e la supervisione costante dei programmi attuativi, attraverso le sue articolazioni funzionali;

5) Da più parti è stato rilevato come la mancanza di nuclei operativi per il superamento nei singoli Ospedali Giudiziari costituisca elemento di ulteriore confusione e quindi di peggioramento degli standard assistenziali ed alberghieri  amplificando, di contro, la deresponsabilizzazione di ciascuno ed impedendo, nei fatti, la presa in carico e la conseguente messa in opera di programmi di inclusione personalizzati. Pertanto proponiamo la creazione diUffici ed Equipes di dismissione (task force) - a tempo - per ciascuna struttura e in tutti i DSM, quali reali strumenti operativi e di collegamento tra le realtà interne e quelle esterne.

Auguri...

 

AUGURI 
 
di Emilio Lupo
 
Psichiatra, Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica
 
 
Auguri a chi sta sulla gru e non è gruista.
Auguri a chi sta su l’isola e non è isolano.
Auguri a chi sta sul tetto e non è antennista.
Auguri a chi sta per strada e non è ambulante.
Auguri a chi prega e non ha santi.
Auguri a chi impreca e non ha fede.
Auguri a chi alza le mani, ma non ha voglia di arrendersi.
Auguri a chi sta nell’ospizio.
Auguri a chi sta nella casa-famiglia.
Auguri a chi sta in ospedale.
Auguri a chi sta in carcere.
Auguri a chi sta nei Centri di espulsione.
Auguri a chi vive nei campi nomadi.
Auguri a chi vive sotto i ponti.
Auguri a chi non ha più la fabbrica.
Auguri a chi non ha più la casa.
Auguri a chi non ha più voce.
Auguri a chi ci crede.
Auguri a chi non ci crede più.
Auguri a chi è sempre stato ed ora non è più.
Auguri a chi non è mai stato e non sa se mai lo sarà.
Auguri a chi aveva e non ha più.
Auguri a chi non ha mai avuto e continua a non avere.
Auguri a chi ha ancora lacrime e rabbia.
Auguri a chi non ha più nè lacrime e nè rabbia.
Auguri a chi non si leva più il cappello.
Auguri a chi un capello non l’ha mai avuto.
Auguri a chi prendeva il pullman per andare in fabbrica e timbrava un cartellino.
Auguri a chi un cartellino marcatempo non l’ha mai avuto
Auguri a chi sognava la spiaggia, il mare e il dopo sole
Auguri a chi un costume non l’ha mai posseduto.
Auguri a chi oggi è a zero ore.
Auguri a chi è stato sempre a zero ore.
Auguri a chi è costretto a stare in tenda e non è campeggiatore.
Auguri a chi è costretto a stare in macchina e non è pilota.
Auguri a chi non si leva più dal letto ma non è malato.
Auguri a chi sta sempre in piedi perché un letto non ce l’ha.
Auguri a chi mangiava in mensa ed ora mangia dai preti.
Auguri a chi ha sempre mangiato dai preti ma voleva mangiare anche lui in mensa.
Auguri a chi dentro, ieri, produceva calze per fare gambe belle.
Auguri a chi fuori, ora, sulle gambe infila i calzerotti.
Auguri a chi srotola lo striscione con le mani sporche di vernice
Auguri a chi ha riposto lo striscione, ma ha ancora le mani imbrattate.
Auguri a chi urla nel megafono la sua voglia di giustizia e libertà.
Auguri a chi la voce l’ha persa: sono i suoi occhi che urlano contro tutte le iniquità.
Auguri a chi dal manicomio, ieri, è uscito per garantire la libertà dell’altro.
Auguri a chi nel manicomio a Napoli, oggi, vi è ritornato per garantire la sua e l’altrui dignità.
Auguri a chi è arrivato per rifuggire da odio e morte.
Auguri a chi è stato rimpatriato senza aver conosciuto né pace né speranza.
Auguri a chi nonostante tutto non demorde e si schiera. 
Auguri a chi la dice tutta. Sempre.
Auguri a chi ha ancora tutti i denti e non sorride più.
Auguri a chi i denti li ha persi, ma continua a sorridere.

SI AVVICINA FERRAGOSTO.....POLITICI RESTATE A MARE

Abbandonati da una Giustizia senza qualità e dall'indifferenza sulla violazione dei diritti, i detenuti stanno affrontando un'altra ennesima terribile estate, con ulteriori ingiuste sofferenze.

Napoli, 25 luglio 2011 _______________________ La mancanza di ?qualità? si avverte in ogni settore della Giustizia ed in particolare modo in quello penitenziario, dove alla privazione della libertà si accompagna spesso la vera e propria illegalità dello stato di detenzione. Una violazione di diritti, di cui pochissimi si fanno carico e, nell?indifferenza collettiva, si continuano a calpestare principi costituzionali e di elementare civiltà.

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