COME LA STUPIDITA' RENDE PARADOSSALMENTE EFFICIENTE LA SANITA' MCDONALDIZZATA.

"La stupidità è ormai una modalità di vedere il mondo in superficie,
di fare le cose senza pensarci troppo,
anche perchè, se si approfondisse, si finirebbe per non fare niente"
Vittorino Andreoli. La vita digitale

 

Il paradosso della stupidità sistemica in sanità

 

L'efficienza aziendale, in un mercato sempre più libero e globalizzato, richiede paradossalmente quantità notevoli di stupidità collettiva.
La suddivisione del lavoro in compiti semplici, standardizzati, automatizzati, come si verifica in un sistema di tipo mcdonaldizzato, permette di realizzare in breve tempo e al minor costo, sfruttando la tecnologia disponibile, in altri termini con la massima efficienza, un determinato obiettivo (1).
Per questo i membri dell'organizzazione aziendale sono invitati a rispettare rigidamente un certo ruolo all'interno della macchina produttiva, senza pensare troppo al senso del processo poichè ogni possibile critica, e dunque intoppo, riduce inesorabilmente l'efficienza del sistema.
Per Alveson e Spicer il motore del capitalismo sembrerebbe dunque essere lubrificato assurdamente dall'idiozia, trasmessa contagiosamente dai vertici aziendali (2).
Indipendentemente dal QI e dal livello d'istruzione, intrappolate nella rete organizzativa e sottoposti a forze di vario genere, i membri di un'organizzazione produttiva vengono incoraggiati a comportarsi stupidamente e ad ignorare, ovvero evitare di conoscere, cose che potrebbero essere sconvenienti (3).
Proprio come un fast-food la medicina pratica si fonda oggi su banali routine e interventi impersonali regolati da norme, linee-guida, protocolli, di cui generalmente non ci si chiede il senso per non rischiare di inceppare la procedura o rischiare noie legali.
Grazie alla stupidità e all'ignoranza inculcate strategicamente dal sistema possono così essere erogate prestazioni cliniche in quantità industriale, che come le comuni merci, di qualità scadente e monouso, risultano in genere inconcludenti e generatrici di ulteriori esami (4).
Lo spirito critico degli operatori della sanità mcdonaldizzata viene dunque affossato mentre il ragionamento clinico, che come processo logico e statistico conduce faticosamente dall'anamnesi (piena conoscenza della storia personale del paziente) alla prognosi (che implica la valutazione attenta del rapporto costo/beneficio degli interventi), sostituito dall'immediato e cieco ricorso alla tecnologia, e in particolare all'imaging.


Il medicus videns e la morte del ragionamento (clinico)

La videodipendenza come fenomeno di massa in qualche modo contribuisce a rinforzare la stupidizzazione sanitaria.
L'attaccamento morboso a Google, Facebook, Instagram, Wathsapp, YouTube sta infatti producendo una cultura planetaria di tipo prettamente visuale e spazzato via quella letteraria, con negative implicazioni riguardanti non solo i comportamenti, le modalità di socializzazione e il linguaggio ma operazioni cognitive complesse come l'attenzione, la memoria, la riflessione (5).
Oltre a bloccare l'introspezione, il discorso interno e la metacognizione (riflessioni sul proprio pensiero), il multitasking e il bombardamento visivo ubiquitario (a parte il nulla culturale trasmesso dai nuovi media) ostacolano l'elaborazione di un pensiero critico e autonomo.
In ultima analisi le tecnologie sviluppatesi negli ultimi decenni, che si sostanziano negli schermi di telefonini, computer e apparecchi elettronici, rendendo la vita e il lavoro sempre pià facili, veloci, comodi, piacevoli e performanti, indeboliscono il cervello dell'Homo Sapiens e rischiano di cancellare millenni di progresso intellettuale (6).
Contemporaneamente la profonda crisi del mercato editoriale, con la continua chiusura di testate giornalistiche e librerie, riflette la crescente disaffezione dell'umanità nei confronti della lettura, attività che infatti comporta un duro lavoro cognitivo.
Queste dinamiche probabilmente contribuiscono all'indebolimento del ragionamento clinico e alla passiva sudditanza del medico nei confronti dello schermo (e della tecnologia in generale).
Gli ulteriori progressi dell'olografia e della telerobotica, in una società in avanzato stato di liquefazione, come direbbe Zygmunt Baumann (7), finiranno anche per troncare irreversibilmente il rapporto medico-paziente, un tempo caratterizzato da un contatto empatico, visivo ed epidermico solidissimo, perchè, come l'Homo Videns crede solo a ciò che attrae il suo sguardo, così al medicus videns, che ignora che l'imaging senza la clinica non solo è insensato ma addirittura iatrogeno, basta semplicemente fare senza farsi troppe domande (8).

 

Per una medicina più sensata e responsabile

La mcdonaldizzazione del sistema produttivo e la medicalizzazione della vita sostengono fortemente la domanda e quindi il consumo di generi sanitari (9).
A sua volta la trasformazione della cultura letteraria in cultura visuale e il multitasking associato alla videodipendenza allontanano la gente dalla lettura, dallo studio critico e dalla riflessione, contribuendo alla diffusione di una "demenza digitale" sempre più precoce (10).
Così il medicus videns, video e imaging-dipendente, reso sempre più miope dalla micronizzazione del sapere, sembra comportarsi come un automa programmato per la produttività.
Una riflessione seria su queste tematiche e sulla evoluzione di una medicina sempre più oltraggiosa nei confonti delle leggi naturali e pervasiva nella vita di ognuno di noi diventa imperativa per non
farsi travolgere da queste pericolose tendenze.

Bibliografia essenziale

1. Ritzer G. The McDonaldization of society. Los Angeles: Pine Forge Press 2004
2. Alvesson M, Spicer A. The stupidity paradox. London: P Profile Books 2016
3. McGoey L. The logic of strategic ignorance. British Journal of Sociology 2012; 63:533-576
4. Cornaglia Ferraris P, Picano. Malati di spreco. Il paradosso della sanità italiana. Bari: Laterza 2004
5. Carr N. Internet ci rende stupidi? Milano: Raffaello Cortina 2011
6. Harari YN. Sapiens. A brief history of humankind. London: Vintage Books 2014
7. Baumann Z. Modernità liquida. Roma-Bari: Laterza 2002
8. Sartori G. Homo videns. Bari: Laterza 2006
9. Conrad P. The medicalization of the society: on the trasformation of human conditions into treatable disorders. Sociology of Health and Illness 2009, 31:147-148
10. Simone R. La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo. Bari: Laterza 2006

Morti di Lampedusa una tragedia collettiva.

STaino Lampedusa

La forza di Basaglia si chiama libertà


Vedilo a tutto schermo Invio

L’esclusione Da Trieste a Trastevere. Su una biografia di Franco Basaglia.

di Antonello D’Elia

                                               (per Lo straniero – Ottobre 2012)

 

Da qualche mese in una piazza di Trastevere sono comparse le cancellate. Alte, grigie e acuminate circondano un parco giochi che fino a qualche tempo fa era abbandonato per l'incuria delle amministrazioni e la colpevole approssimazione con cui era stato realizzato solo pochi anni prima. Il nuovo recinto metallico ora separa dal resto della piazza lo spazio in cui giocano i bambini sotto gli occhi di mamme, papà, nonni e baby sitter e delimita inequivocabilmente un dentro e un fuori. A decidere su questo piccolo intervento di 'arredo' urbano è stato un comitato di cittadini, creatosi intorno alla locale sezione del più importante partito d'opposizione del passato governo che, dopo mesi di riunioni e consultazioni, ha identificato questa soluzione al problema della sosta dei barboni che da tempo abitano la piazza. Al lato di uno degli accessi è stata affissa una seriosa targa in ottone su cui una scritta compassionevole dedica questo parco al piccolo Claudio, un bambino che ha terminato la sua breve esistenza volando giù in acqua dal parapetto di un vicino ponte sul Tevere, scagliatovi dal giovane padre che in quel gesto assurdo ha portato a compimento la vita del figlio, quella sua e una storia turbolenta e irrisolta di figlio della periferia romana.

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Incontro-Dibattito


Vedilo a tutto schermo Invio

Cesare Bondioli: perchè la SIP sbaglia di grosso sugli OPG.

La posizione della Società Italiana  di Psichiatria (SIP)
non mi stupisce perché l'associazione degli psichiatri italiani non è stata
particolarmente presente in questi anni sul tema della chiusura degli opg:
bisogna considerare che il problema si è
posto fin dall'aprile 2008 con l'approvazione del DPCM che prevedeva il
"graduale superamento degli OPG" e la legge del febbraio 2012 è solo
l'ultimo atto di questo percorso. Nel frattempo ci sono state le ispezioni
della commissione sull'efficienza e l'efficacia del SSN presieduta dal Sen.
Marino, il suo filmato sconvolgente, le dichiarazioni sdegnate del
Presidente della Repubblica, ecc. senza che la SIP si esprimesse in maniera
così netta come nell'ultimo comunicato. E' vero che anche dopo l'emanazione
della Legge che fissa i termini tassativi per la chiusura degli opg ci sono
stati altri ritardi da parte degli organi ministeriali nell'emanazione degli
atti di attuazione della legge.

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Per Vincezo Consolo

 

E' morto lo scrittore  Vincenzo CONSOLO e siamo tutti più soli e fragili.

Ci mancheranno i suoi sguardi teneri e indagatori.

I suoi ammonimenti che erano riflessione collettiva ma anche coinvolgimento personale.

Diretto.

Convinto.

Mai occasionale o di facciata.

Vincenzo era uno di noi.

E questo ci inorgogliva.

E questo ci inorgoglisce.

Minatori,

diritti civili,

su di una biro che era una clava,

un martello,

una chiave,

uno spartito.

Ci piace immaginarlo che se ne sia andato con sotto il braccio

Il Sorriso dell'ignoto marinaio,

che abbiamo tanto amato.

Forse perchè così continuerà a solcare

mari e onde sulla sua penna

che lo iscrive tra i maggiori e più acuti innovatori del linguaggio,

della letteratura internazionale.

A Caterina dolce e tenace compagna, 

testimone e protagonista di una storia che il tempo non potrà mai esaurire

l'abbraccio più forte di tutta Psichiatria Democratica.

Emilio

una delegazione di Psichiatria Democratica sarà presente ai suoi funerali che si terranno a Sant'Agata di Militello in Sicilia, suo paese natio

leggi:

 

IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

l'UNITA'- Giovedì 5 gennaio 2012

 

Che cosa lega l'articolo 1 il 18 e la legge 180.

di Emilio Lupo, Psichiatra

Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica

 

Ed ecco i numeri: 1, 18 e 180.

Forse perchè i conti si fanno a fine d'anno,

che un ciclo si è concluso (con danni gravi, assai),

ed un altro si è appena aperto ( e già fa male, tanto).

Piuttosto, dicono gli esperti, i numeri hanno sempre un filo che li unisce,

li mescola,

li completa.

Lo stesso filo che divide,

minimizza o esaspera.

Con dentro le persone,

sole,

stritolate,

affannate,

da nord a sud.

Numeri che chiudono ma anche che tengono aperta,

una speranza,

una lotta,

una Nazione.

E il numero 1 così recita:

"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro",

un numero sul quale si sono abbattuti tanti altri e, precisamente:

due milioni e oltre di disoccupati.

Ma i numeri - si sa -  sono, talora, anche paradossali,

dispettosi,

ingenui,

soffocanti,

frizzanti e vivaci.

Non per il numero 1. Giammai!

Lui è sempre in alto,

maestoso,

rassicurante.

Una grande madre.

un padre autorevole.

Un occhio che vigila.

La vetta, insomma.

Eppure piccolo nella sventura,

quando la somma del comignolo che non fuma più,

e della mensa vuota,

e del deposito deserto,

e del reparto muto e della tuta al chiodo, raggiunge prima i milioni

e poi il miliardo.

E così non sta più in alto,

e diventa matrigna,

disamorato.

Ultimo con gli ultimi.

E si fa avanti il numero 18 che così recita:

" il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi....o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro....... di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.....". E' questo un numero per così dire rinnovato e rinnovabile

o forse più precisamente periodico,

non nella sua accezione tecnica, piuttosto in quella politica.

Una sorta di licenza poetica con l'imprimatur dello Stato.

Oppure un riflesso pavloviano: basta sedersi - anche per un attimo - nella stanza dei bottoni ed ecco che il riflesso diventa subito condizionato, anche da chi non te lo aspetteresti: per salvare il Paese, per creare posti di lavoro - si sentenzia - bisogna rivedere l'articolo 18 (sic!).  La panacea.

Intanto nel Paese si registra un miliardo (leggasi un miliardo!) di ore di cassa integrazione,

e ben 4 milioni di precari e, così,  ti vedi costretto, dopo tanti anni di duro lavoro

come di pochi mesi

di esperienza - nei quali hai messo l'anima -

o ad accettare un contratto capestro

oppure portare la testa,

le mani,

l'anima,

lontano da casa.

Ritorna, d'incanto, il paradosso dei numeri: per assumere bisogna licenziare!

Ed eccolo che entra il campo il numero 180, che tra le tante cose afferma che: èin ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, ma anche che l'assistenza psichiatrica non è più manicomio, elettroshock, letto di contenzione, bomba di farmaci, inguaribilità,

ma visita ambulatoriale/domiciliare,

Centro diurno,

lavoro, casa, vacanze.

Insomma dignità e nuovo protagonismo di utenti, familiari e operatori.

Alla sopraffazione si sostituisce il prendersi cura.

1, 18,180.

Tre numeri apparentemente distanti.

Tre numeri forti.

Tre pagine indelebili.

Scritte con il sangue, la fatica e la testa

da chi non ci sta a dire sempre di sì.

Tre pagine repubblicane.

Laiche.

Tre simboli di un Paese che se rinasce lo farà

partendo da queste basi.

L'Unità d'Italia ha anche questi numeri.

Un libro di Giovanni Rissone

Presentato sul TGR Leonardo del 28/12/2011( 28 12 2011 Leonardo )

su Rai.tv  dal 9 minuto circa 

Oppure lo puoi vedere qui sotto.

 

 

IL MEDITERRANEO TRA ILLUSIONE E REALTÁ, INTEGRAZIONE E CONFLITTO NELLA STORIA E IN LETTERATURA

Vincenzo Consolo

Letto al convegno di Psichiatria Democratica 12-13.3.2009 Caltagirone

Archiviato nei saggi

 

In una notte di giugno dell' 827, una piccola flotta di Musulmani (Arabi, Mesopotamici, Egiziani, Siriani, Libici, Maghrebini, Spagnoli), al comando del dotto giurista settantenne Asad Ibn al-Furàt, partita dalla fortezza di Susa, nella odierna Tunisia, emirato degli Aghlabiti, attraversato il braccio di mare di poco più di cento chilometri, sbarcava in un piccolo porto della Sicilia: Mazara (nella storia ci sono a volte sorprendenti incroci, ritorni:Mazar è un toponimo di origine punica lasciato nell'isola dai Cartaginesi). Da Mazara quindi partiva la conquista di tutta la Sicilia, dall'occidente fino all'oriente, fino alla bizantina e inespugnabile Siracusa, dove si concludeva dopo ben settantacinque anni. Si formò in Sicilia un emirato dipendente dal califfato di Bagdad. In Sicilia, dopo le depredazioni e le spoliazioni dei Romani, dopo l'estremo abbandono dei Bizantini, l'accentramento del potere nelle mani della Chiesa, dei monasteri, i Musulmani trovano una terra povera , desertica, se pure ricca di risorse. Ma con i Musulmani comincia per la Sicilia una sorta di rinascimento. L'isola viene divisa amministrativamente in tre Valli, rette dal Valì: Val di Mazara, Val Dèmone e Val di Noto; rifiorisce l'agricoltura grazie a nuove tecniche agricole, a nuovi sistemi di irrigazione, di ricerca e di convogliamento delle acque, all'introduzione di nuove colture (l'ulivo e la vite, il limone e l'arancio, il sommacco e il cotone...);  rifiorisce la pesca, specialmente quella del tonno, grazie alle ingegnose tecniche della tonnara; rifiorisce l'artigianato, il commercio, l'arte. Ma il miracolo più grande durante la dominazione musulmana è lo spirito di tolleranza, la convivenza tra popoli di cultura, di razza, di religione diverse. Questa tolleranza, questo sincretismo culturale erediteranno poi i Normanni, sotto i quali si realizza veramente la società ideale, quella società in cui ogni cultura, ogni etnia vive nel rispetto di quella degli altri. Di questa società arabo-normanna ci daranno testimonianza viaggiatori come Ibn Giubayr, Ibn Hawqal, il geografo Idrisi. E sul periodo musulmano non si può che rimandare alla Storia dei Musulmani di Sicilia, (1) scritta da un grande siciliano  dell' 800, Michele Amari. Storia scritta, dice  Elio Vittorini, “con la seduzione del cuore” (2). E come non poteva non scrivere con quella “seduzione”, nato e cresciuto nella Palermo che ancora conservava nel suo tempo non poche vestigia, non poche tradizioni, non poca cultura araba ? Tante altre opere ha scritto poi Michele Amari sulla cultura musulmana. Per lui, nel suo esempio e per suo merito, si sono poi tradotti in Italia scrittori,

 

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I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da sé.

 

Soteria and no restraint

Merano 21-23 Novembre 2007

I liberatori non esistono. Sono solo i popoli che si liberano da sé.

Emilio Lupo

Direttore S.C. - Dipartimento di Salute Mentale - ASL Napoli 1,ds49

                             Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica.

Quanti, dopo Pinel, si sono interessati della vita e dei diritti di chi esprime il proprio disagio esistenziale attraverso i “sintomi” - che  le scelte di codici, normative e pratiche contenitive  hanno designato e designano ancora come sola espressione di “semplice” malattia - costoro sanno che la strada per la liberazione dalla psichiatria è lunga ed impervia.

La psichiatria è traboccante di tragiche utopie. Nel corso dei secoli, ahinoi, queste si sono concretate con gli Ospedali psichiatrici e la coercizione fisica, i bagni gelati e le pratiche di shock (insulinoterapia, malaroterapia, elettroshock etc.) fino al moderno annichilimento farmacologico.

I detentori del potere di cura, difatti, si sono sempre mossi sul binario regola/salvezza e limitandosi a modificare di volta in volta soltanto i vagoni di quel treno di cura, ne hanno imposto direzione e velocità con un locomotore che ha  finito, nella sostanza, per essere il vettore unico ed immutato per la vita di migliaia e migliaia di uomini e donne ammalate.

Sì perché è stata la malattia, la pericolosità sociale, il pubblico scandalo e l’opportunità a cadenzare il fare per i matti e non l’esistenza sofferente, la difficoltà al confronto ed alla condivisione: a meinteressa il malato e non la malattia ammoniva Franco Basaglia qualche anno fa.

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Le istituzioni della salute, le istituzioni della malattia

 

Giuseppe Guido Pullia

“..lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno….”

PABLO NERUDA

 

COMUNICAZIONE

Le istituzioni della salute, le istituzioni della malattia

Abstract: a partire dal tema della qualità della vita si impone la necessità di intervenire nelle contraddizioni uomo/natura e uomo/uomo quando rischiano di comprometterla. Ne derivano risposte che, facendosi istituzioni sanitarie, costituiscono strutture e saperi. E’ necessario non avere un approccio ingenuo di fronte alla medicina, sia quella tradizionale, sia quella che si richiama a pratiche e teorie “alternative”. Si rende indispensabile un approccio critico che non abbracci tout court la medicina “naturalistica” ma che non ricada in contrapposti dogmatismi ideologici facendo dipendere tutto ciò che accade esclusivamente dai perversi disegni del mercato. Senza assolutizzare mode e parole quali, ad esempio, la prevenzione, di cui si sottolineano alcune contraddizioni, è impellente il bisogno di dare risposte scientifiche e politiche adeguate al bisogno di stare bene. Poichè s’intende per salute il bisogno realizzato di benessere, di pienezza,di significato, si conclude definendo la malattia come evento che determina il fallimento (temporaneo o definitivo) di un progetto di vita.

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IL SERVIZIO PSICHIATRICO TERRITORIALE: MUTAMENTO ISTITUZIONALE E NUOVA OPERATIVITA’

 

 Le tesi proposte nello scritto che segue scaturiscono soprattutto da una sperimentazione sul campo: si tratta del tentativo, compiuto da chi scrive, di trasformare un servizio prevalentemente clinico, in un servizio etico.  L’esperimento, oltre ai documentati e riconosciuti risultati ottenuti, in termini di riduzione dei ricoveri, dei trattamenti in SPDC, di restituzione del diritto alla casa e al lavoro per un numero significativo di pazienti ,altrimenti condannati alla psichiatrizzazione addizionale, ha compreso una sistematizzazione, provvisoria e locale, delle pratiche di inclusione, che ritengo possa avere una qualche utilità come indicazione di metodo e come invenzione di prassi, mirate alla soluzione del problema della marginalità, partendo dalle condizioni concrete e dalle connotazioni che tale problema ha assunto localmente

 

Raffaele GALLUCCIO- Psichiatra

Servizio di Salute Mentale di Castelnovo nè Monti (Reggio-Emilia)

(Rivista Sperimentale di  Psichiatria - n. 1 -Anno 2011, Vol. CXXXV

 

IL SERVIZIO PSICHIATRICO TERRITORIALE: MUTAMENTO ISTITUZIONALE E NUOVA OPERATIVITA’

 

                                                                  PREMESSA

I Servizi Psichiatrici istituiti subito dopo la promulgazione della L. 180 assunsero i connotati di Servizi eclettici: servizi che, come chimere, combinavano in “collage” riferimenti differenti ed eterogenei. Più precisamente, in tali servizi l’operatività aveva i suoi rimandi teorico-operazionali nei modelli paradigmatici prevalenti in quegli anni, che erano diversi e contraddittori e che erano nati fuori dai contesti della lotta anti-istituionale: lo studio privato del clinico, il lettino dello psicoanalista, lo specchio bidirezionale del terapista relazionale, ecc. Il motivo principale per cui nei primi servizi si realizzò tale apposizione di modelli eterogenei e tale eterotopia, sta soprattutto nel fatto che il processo riformatore non fu mai pienamente e consapevolmente assunto, dalla gran parte degli operatori, come  atto di cura, gravido di implicazioni teoriche, da disvelare ed  elaborare, alle quali riferire  formazione e operatività; in altre parole, la fondazione dei servizi territoriali non si compì, oltre che come atto istituzioanle, anche come fase iniziale di una  ricerca. Ne conseguì, fra l’altro, una schizofrenia formativa, che persiste tuttora, per cui gli psichiatri si formavano nelle scuole di specializzazione universitarie, sulle tesi della vecchia psichiatria accademica di stampo organicista e apprendevano la psicoterapia, pagando uno dei tanti training privati, ispirati ai modelli cui si è accennato in precedenza.

Gli interventi psicoterapici, che venivano praticati nei Servizi eclettici, erano confusi, segnati dalla competizione tra professionisti, che si riferivano a modelli diversi e dalla trasposizione in un contesto, quello del Servizio pubblico, di fatto inagibile, sia per il tipo di utenza che vi aveva accesso, sia per la non riproducibilità dei setting previsti per l’applicazione di tali modelli.

La pratica sociale si declinava in svariate operazioni di apparente inclusione ed era ispirata dalla adesione, ideologica ed axiologica, al movimento nato con la riforma.

Nel complesso, le pratiche del Servizio eclettico erano contraddittorie e deboli perché prive di espliciti e coerenti fondamenti teorici. Se non si fosse posto rimedio a queste carenze, tali pratiche rimanevano esposte, nel lungo periodo, alla revisione del processo di deistituzionalizzazione e alla restaurazione, in forma aggiornata, della psichiatria intramuraria, con il prevalere della funzione di controllo che la caratterizza.

 

I Servizi eclettici si sono trasformati, nel corso degli anni, secondo due direttrici completamente diverse, così che, attualmente, possono essere descritti due tipi ideali di Servizio di Salute Mentale: il Servizio di tipo clinico, o ermeneutico ed il Servizio di tipo etico¹, o dialettico.

Questi Servizi, apparentemente non si differenziano: ambedue i tipi sono dotati di ambulatori, strutture residenziali, centri diurni, appartamenti, possibilità di erogare sussidi e borse lavoro. Ambedue hanno la stessa dotazione di professioni: medici, educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri, assistenti sociali, psicologi, amministrativi. Essi, tuttavia, sono incommensurabili per quanto riguarda la definizione dell’oggetto del proprio agire, per il tipo di relazioni che intercorrono all’interno dell’equipe e con i pazienti, per il tipo di relazioni con il

contesto umano e sociale nel quale agiscono, per il modo in cui declinano le proprie pratiche e per la concezione implicita della cura che ispira ognuno di essi.

 

¹Ad evitare confusioni, si fa presente che <<etico>> viene qui usato in contrapposizione a <<tecnico>> e non come sinonimo di <<equo>>.

 

 

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Auguri...

 

AUGURI 
 
di Emilio Lupo
 
Psichiatra, Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica
 
 
Auguri a chi sta sulla gru e non è gruista.
Auguri a chi sta su l’isola e non è isolano.
Auguri a chi sta sul tetto e non è antennista.
Auguri a chi sta per strada e non è ambulante.
Auguri a chi prega e non ha santi.
Auguri a chi impreca e non ha fede.
Auguri a chi alza le mani, ma non ha voglia di arrendersi.
Auguri a chi sta nell’ospizio.
Auguri a chi sta nella casa-famiglia.
Auguri a chi sta in ospedale.
Auguri a chi sta in carcere.
Auguri a chi sta nei Centri di espulsione.
Auguri a chi vive nei campi nomadi.
Auguri a chi vive sotto i ponti.
Auguri a chi non ha più la fabbrica.
Auguri a chi non ha più la casa.
Auguri a chi non ha più voce.
Auguri a chi ci crede.
Auguri a chi non ci crede più.
Auguri a chi è sempre stato ed ora non è più.
Auguri a chi non è mai stato e non sa se mai lo sarà.
Auguri a chi aveva e non ha più.
Auguri a chi non ha mai avuto e continua a non avere.
Auguri a chi ha ancora lacrime e rabbia.
Auguri a chi non ha più nè lacrime e nè rabbia.
Auguri a chi non si leva più il cappello.
Auguri a chi un capello non l’ha mai avuto.
Auguri a chi prendeva il pullman per andare in fabbrica e timbrava un cartellino.
Auguri a chi un cartellino marcatempo non l’ha mai avuto
Auguri a chi sognava la spiaggia, il mare e il dopo sole
Auguri a chi un costume non l’ha mai posseduto.
Auguri a chi oggi è a zero ore.
Auguri a chi è stato sempre a zero ore.
Auguri a chi è costretto a stare in tenda e non è campeggiatore.
Auguri a chi è costretto a stare in macchina e non è pilota.
Auguri a chi non si leva più dal letto ma non è malato.
Auguri a chi sta sempre in piedi perché un letto non ce l’ha.
Auguri a chi mangiava in mensa ed ora mangia dai preti.
Auguri a chi ha sempre mangiato dai preti ma voleva mangiare anche lui in mensa.
Auguri a chi dentro, ieri, produceva calze per fare gambe belle.
Auguri a chi fuori, ora, sulle gambe infila i calzerotti.
Auguri a chi srotola lo striscione con le mani sporche di vernice
Auguri a chi ha riposto lo striscione, ma ha ancora le mani imbrattate.
Auguri a chi urla nel megafono la sua voglia di giustizia e libertà.
Auguri a chi la voce l’ha persa: sono i suoi occhi che urlano contro tutte le iniquità.
Auguri a chi dal manicomio, ieri, è uscito per garantire la libertà dell’altro.
Auguri a chi nel manicomio a Napoli, oggi, vi è ritornato per garantire la sua e l’altrui dignità.
Auguri a chi è arrivato per rifuggire da odio e morte.
Auguri a chi è stato rimpatriato senza aver conosciuto né pace né speranza.
Auguri a chi nonostante tutto non demorde e si schiera. 
Auguri a chi la dice tutta. Sempre.
Auguri a chi ha ancora tutti i denti e non sorride più.
Auguri a chi i denti li ha persi, ma continua a sorridere.